lunedì 31 ottobre 2011

AL PEGGIO NON C’E’ LIMITE: LA CACCIA IN PIEMONTE

ASSOCIAZIONE NAZIONALE LIBERA CACCIA

l'Associazione Libera Caccia, non ha fini politici né di lucro. Riconosciuta con decreto M.A.F. 20/3/1968, art. 35 legge 2/8/1967 n. 799. Sede sociale via Cavour 183/b 00184 ROMA Segreteria di Novara: sede provinciale e comunale, settore cinofilo, vigilanza venatoria, ambientale, zoofilia, tiro a volo. Corso Risorgimento 418/b telefono e fax 0321/1814803 cell. 3487337020 codice fiscale 94043380032..anlc-novara.blogspot.com...e- mail: anlc.novara@gmail.com

ANLC Sezione provinciale

C.so Risorgimento 418/B

Novara

AL PEGGIO NON C’E’ LIMITE: LA CACCIA IN PIEMONTE

Il 18 Ottobre 2011 alle ore 12 una delegazione provinciale dell’ANLC di Novara si è incontrata a Torino con Claudio Sacchetto, assessore competente per l’attività venatoria regionale.Tale incontro ha avuto la funzione di porre alcuni quesiti relativi alle norme venatorie (art. 42 della 2009/147 CE) di recente introdotte nella Regione Piemonte, norme che hanno reso la nostra regione la più venatoriamente restrittiva a livello europeo per quel che riguarda i tempi e le specie cacciabili. Per prima cosa si è fatta notare la notevole diversità rispetto alle dichiarazioni, rese pubbliche durante un incontro avvenuto nella Sala Consigliare della Provincia di Novara, tra le Associazioni Venatorie e Agricole, su invito dell’Assessore Provinciale Liuni Marzio, la serenità portata dal piacevole scambio di opinioni e la conoscenza con cui l’Assessore aveva esposto i problemi relativi alla fauna selvatica in Piemonte, è stata spazzata via dalla normativa che, nel frattempo, la Giunta Regionale aveva emanato e che ha portato alla nascita di quello che si può tranquillamente definire il calendario venatorio più restrittivo di tutti i tempi e di tutte le Regioni italiane (e, per quel che conosciamo a livello europeo, di Francia e Spagna).

A questo proposito è stata consegnata all’Assessore una copia dei calendari venatori delle Regioni a noi confinanti: Liguria, Lombardia, Emilia, dai quali si evince che, applicando la Direttiva 2009/147, le specie cacciabili ed i periodi di caccia sono stati mantenuti se non ampliati; si sono inoltre forniti i dati relativi alla caccia nella vicina Francia, sempre enormemente meno limitanti di quelli della Regione Piemonte. Si è chiesto all’assessore se, a suo parere, anche in una prospettiva “padana,” è pensabile mantenere una distinzione così marcata tra la normativa venatoria piemontese e i calendari venatori regionali circostanti , tra di loro quasi del tutto uguali.

Successivamente è stata affrontata la questione del Referendum Regionale sulla Caccia che, come sapete, si propose già ventitrè anni or sono dopo una raccolta di firme. Il referendum prevedeva (e prevederà) molte limitazioni all’attività venatoria: ad esempio avrebbe consentito, se fosse stato approvato, la caccia solo a lepre, fagiano e cinghiale, limitando nelle AFV il prelievo a due capi abbattibili giornalmente.

In questo momento di crisi, visto il costo di un referendum anche solo regionale, ci si chiede se tale spesa sia eticamente “compatibile” con le limitate risorse regionali e con i bisogni “reali” di tante persone: forse sarebbe bastato l’adeguamento “tout court” alla Direttiva CEE 2009/147 (forse Francia e Spagna non rispettano le Direttive CEE?) o ad una delle leggi venatorie delle regioni limitrofe per evitare le spese, al di là dei risultati referendari. Si è posta l’attenzione anche sugli eventuali ulteriori posti di lavoro e dei redditi perduti qualora l’attività venatoria fosse condotta all’estinzione, in una situazione regionale in cui la mobilità e la cassa integrazione sono un non lieve problema.

La risposta è stata che, molto probabilmente, tra Aprile e Giugno si andrà comunque al referendum regionale data l’impossibilità di trovare altre soluzioni. Si è mostrata la notevole quantità di danni arrecati in agricoltura dalla fauna selvatica (ad esempio dalle nutrie): gli effetti del referendum saranno anche la mancanza di controllo su queste specie e l’eventuale riduzione del contributo dei cacciatori che inevitabilmente diminuiranno di numero. A questa obiezione l’Assessore ha manifestato l’intenzione di ridurre il numero di ATC e Comparti Alpini: tali aggregazioni degli ATC e dei CA permetteranno la riduzione delle spese (personale?) liberando risorse destinabili ad altre necessità. Ha inoltre ricordato che non sono ammissibili i lanci di lepri estere, se non in possesso di certificati di esenzione dalla tularemia nei tre anni precedenti alla loro immissione (Risparmio di spesa degli ATC?) si è chiesto, infine, se è prevedibile il varo di una nuova legge regionale sulla caccia, almeno dopo il referendum e le sue spese: per non scoraggiarci più di tanto, diciamo che la risposta è stata …”incerta”.

Tra i tanti incontri istituzionali, bisogna dire che questo è forse stato il più mesto: soprattutto facciamo proprio fatica a comprendere questa mutazione di atteggiamento dell’Assessore, che non sembrava nemmeno la stessa persona venuta a Novara ad incontrare le delegazioni venatorie provinciali, allora emblema di decisionismo ed efficienza che da tutti (cacciatori, ma anche spesso agricoltori) aveva raccolto i più larghi consensi .

E’ ovvio che questa situazione deve suonare come un campanello d’allarme per i cacciatori (e agricoltori) di altre Regioni affinché, a breve, non si trovino nelle nostre condizioni. Proponiamo pertanto una mobilitazione delle segreterie delle associazioni venatorie nazionali, al fine di tentare di fermare questo declino venatorio piemontese, prima che si estenda a macchia d’olio alle altre Regioni , secondo il principio che al peggio non c’è limite!

La delegazione provinciale A.N.L.C.

Novara

martedì 4 ottobre 2011






ASSOCIAZIONE NAZIONALE LIBERA CACCIA

l'Associazione Libera Caccia, non ha fini politici né di lucro. Riconosciuta con decreto M.A.F. 20/3/1968, art. 35 legge 2/8/1967 n. 799. Sede sociale via Cavour 183/b 00184 ROMA Segreteria di Novara: sede provinciale e comunale, settore cinofilo, vigilanza venatoria, ambientale, zoofilia, tiro a volo. Corso Risorgimento 418/b telefono e fax 0321/1814803 cell. 3487337020 codice fiscale 94043380032..anlc-novara.blogspot.com...e- mail: anlc.novara@gmail.com

Le malattie degli animali selvatici trasmissibili all’uomo: esperienze a confronto.

Novara, 10 settembre 2011

Sabato 10 settembre, con i patrocini dell’Associazione Nazionale Libera Caccia (ANLC), dell’Ordine dei Medici di Novara, della Società di Ecopatologia della Fauna Selvatica (SIEF), dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Maggiore della Carità di Novara e del CISOM Croce di Malta, ha avuto luogo presso la sede della Banca Popolare di Novara il convegno formativo ECM per Medici e Veterinari dal titolo “Le malattie degli animali selvatici trasmissibili all’uomo: esperienze a confronto”.

L’apertura del convegno ha visto il Dott. Olina, referente per la formazione dell’Ospedale Maggiore della Carità di Novara, in qualità di moderatore dell’evento, portare i saluti del Presidente della Regione Cota, del Presidente della Provincia Sozzani e dell’Ass. all’Agricoltura Liuni. È quindi spettato al Dott. De Paoli, referente per l’Assessorato all’Agricoltura della Regione Piemonte, portare i saluti dell’Ass. Sacchetto, e introdurre le tematiche dell’evento formativo, illustrando come la Regione stia effettuando un attento monitoraggio sanitario della fauna selvatica al fine di limitare i rischi di trasmissione di agenti zoonosici all’uomo. Il Dott. Benatti, veterinario e membro del consiglio nazionale di ANLC, ha evidenziato che esclusivamente attraverso studi completi ed organici è possibile comprendere la dinamica e l’epidemiologia di una malattia, sottolineando che non sempre il selvatico è serbatoio di un determinato agente patogeno, ma in alcuni casi sentinella dell’infezione.

Il Prof. Garavelli, primario di Malattie Infettive dell’Ospedale Maggiore di Novara, ha sottolineato l’importanza di un lavoro di equipe di medici e veterinari per un corretto approccio allo studio delle malattie infettive, anche alla luce di nuove patologie emergenti, sia per essere in grado di avere a disposizione le competenze necessarie per fronteggiare eventuali epidemie, che per formare coscienze in grado di contenere il sempre più crescente terrorismo mediatico. Il Dott. Viganò, medico veterinario, ha messo in risalto il valore della collaborazione tra medici e veterinari per la comprensione dell’epidemiologia di una determinata malattia, che non può prescindere da un approccio integrato. Inoltre è stato fatto il punto sulla rilevanza che la comunicazione può avere sulla prevenzione e sulla raccolta di informazioni e dati, in modo particolare attraverso la formazione dei cacciatori, assiduamente presenti sul territorio.

La prima relazione è stata affidata al Dott. Carlo Citterio, medico veterinario referente per la fauna selvatica dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie, sezione di Belluno. Il Dott. Citterio, dopo una parte introduttiva volta a porre l’attenzione sulla definizione e sul riconoscimento della specie serbatoio di una determinata patologia, importante ai fini della gestione della stessa, ha portato la propria esperienza diretta nello studio e nel controllo di alcune malattie infettive attualmente presenti nel nord-est delle Alpi.

In modo particolare è stato fatto il punto sul ritorno della rabbia silvestre, il cui ex-ultimo caso risaliva al dicembre 1995. Il primo caso segnalato in questa nuova epidemia risale al 17 ottobre 2008, diagnosticato in una volpe, specie serbatoio della patologia. Da quell’episodio, in poco tempo la rabbia si è diffusa nei territori limitrofi con velocità mai registrate prima, a causa anche probabilmente di un aumento della densità delle volpi nel territorio e di un cambiamento nella loro struttura sociale, legata principalmente al fatto che, grazie anche all’aumento degli ungulati, hanno maggiori disponibilità trofiche anche durante l’inverno. La presenza di patologie come il cimurro nel contesto territoriale, potrebbe inoltre aver svuotato alcuni territori, richiamando volpi infette da rabbia provenienti dalla vicina Slovenia. La gestione di questa epidemia è stata effettuata sia attraverso la continua formazione ed informazione, che mediante piani vaccinali con la distribuzione di esche

contenenti vaccino vivo attenuato in grado di abbassare la densità soglia della trasmissione della malattia. L’ultimo caso diagnosticato è stato in provincia di Belluno nel febbraio 2011.

Il Dott. Citterio ha quindi esposto alcuni dati relativi alle esperienze raccolte nello studio della TBE (Encefalite da zecche), illustrando come dal monitoraggio delle specie sentinelle sia possibile tracciare un quadro della distribuzione nel territorio. È stata inoltre posta l’attenzione sulla gestione sanitaria delle carni di selvaggina e sulla ricerca, in modo particolare, di patogeni pericolosi per l’uomo quali salmonella, listeria e trichinella.

Il Dott. Ferroglio, della Facoltà di Medicina Veterinaria di Torino, ha posto dapprima l’attenzione sulla necessità di monitorare la fauna selvatica non solo in occasione di nuove epidemie o di patologie emergenti ma, alla luce del continuo cambiamento nel cambio d’uso del territorio, ha auspicato un sempre maggior interesse da parte della componente sanitaria nell’approccio di uno studio integrato tra agente patogeno, ospite e ambiente circostante, approccio che deve essere finalizzato alla divulgazione scientifica dei dati per un arricchimento delle conoscenze e per un continuo sviluppo delle indagini.

Dal punto di vista epidemiologico l’attenzione è stata quindi focalizzata sulle introduzioni/immissioni di fauna, che in molti casi comportano anche l’introduzione di nuovi micro e macro-parassiti, che potrebbero avere ripercussioni anche gravi sul patrimonio faunistico e zootecnico territoriale. Ad esempio, dal 1995 ad oggi, nella sola Regione Piemonte, sono più di venti i nuovi agenti patogeni segnalati nella fauna a causa di traslocazioni di animali e/o specie differenti. Emerge in questo caso come anche l’uomo abbia un ruolo nella diffusione delle malattie, ed è per questo motivo che l’approccio allo studio integrato non può prescindere anche dal considerare le attività antropiche in tutte le sue forme.

È il caso per esempio di Leishmania, diffusa attualmente in gran parte dell’Italia, ma la cui presenza nel nord Italia alla fine degli anni ’80 era segnalata solo in Liguria. L’aumento delle temperature medie invernali ha creato da un lato le condizioni ideali per la sopravvivenza del flebotomo vettore della patologia, mentre il continuo spostamento degli animali da areali infetti ad altri territori ha contribuito alla diffusione della patologia. L’approccio integrato allo studio di tale patologia ha permesso anche di evidenziare un caso sub-clinico in un uomo residente nella provincia di Asti, il cui cane era morto alcuni anni prima di leishmania. L’analisi in PCR dei sieri degli altri cani di proprietà e dell’uomo hanno evidenziato pattern sovrapponibili tra uomo e cane.

Questo stesso caso clinico è stato quindi ripreso dal Dott. Valle, Infettivologo dell’Ospedale di Asti, il quale ha sottolineato come nella maggior parte dei casi gli episodi di Leishmania nell’uomo si manifestino in forma sub-clinica di difficile diagnosi con la persistenza delle forme amastigoti del parassita, mentre solo in rari casi l’evoluzione della patologia nell’uomo si conclude con la morte del soggetto.

Il Dott. Valle ha fatto il punto inoltre su come negli ultimi decenni la maggior parte delle malattie infettive emergenti è costituita da zoonosi (60.3%), la gran parte delle quali che originano da animali selvatici (71.8%), sia per il loro incremento a livello globale, ma anche per le continue traslocazioni non solo degli animali, ma in alcuni casi anche degli insetti vettori di alcune patologie. La West Nile Disease, è ormai presente in Italia in 3 areali principali (Delta del Po, Paludi di Fucecchio, Latina) a causa della presenza in questi territori delle zanzare del genere Culex, vettore della patologia. L’attenzione è stata posta quindi sulla conoscenza dei fattori di rischio di contagio nei confronti di patogeni presenti nella fauna selvatica, ed in particolare nel contesto territoriale della Regione Piemonte, trattando in modo specifico trichinella, leptospira, brucellosi, salmonella e tularemia. Inoltre particolare attenzione è stata posta alle patologie trasmissibili all’uomo dalle zecche, tra le quali TBE, Rickettsia e Borrelia (o Malattia di Lyme). Attraverso l’illustrazione anche di alcuni casi clinici è stato fatto presente il rischio di contagio anche nel territorio regionale per quanto concerne queste ultime due patologie.

Il Dott. Mignone, dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta, sezione di Imperia, ha dedicato il suo intervento al rischio di contagio da parte dell’uomo di alcune patologie trasmissibili attraverso il contatto diretto e/o consumo delle carni di selvaggina. L’esperienza diretta nella gestione della tubercolosi presente in alcuni areali delle province di Imperia e Savona, ha permesso di trasferire alcune conoscenze riguardo i piani di monitoraggio e di raccolta dei campioni nella fauna selvatica oggetto di prelievo venatorio. Infatti il continuo incremento demografico di tali popolazioni ha contribuito anche ad un maggior consumo delle carni derivanti dalla selvaggina, con l’aumento di rischio di contrarre infezioni da parte dell’uomo. Sono stati quindi proiettate alcune immagini relative al riconoscimento ed i punti di repere delle principali patologie, quali echinococcosi, cisticercosi, pseudo-tubercolosi, trichinellosi, salmonellosi, rogna sarcoptica ed altre patologie di minor importanza in termini di sanità umana, ma di interesse rilevante nella gestione del patrimonio faunistico e zootecnico.

Allacciandosi all’intervento precedente, il Dott. Raschio, dell’ASL di Asti, in rappresentanza della Regione Piemonte, ha fatto il punto sull’importanza dei controlli sanitari nella fauna cacciata, illustrando la programmazione, i risultati e gli obiettivi del piano regionale di controllo sanitario della fauna selvatica. Le analisi dei campioni pervenuti dalle varie specie di selvaggina hanno permesso di valutare la presenza di casi

sporadici di malattie infettive anche per l’uomo e di controllare a livello epidemiologico una loro possibile diffusione nel territorio. Infine il Dott. Raschio ha esposto le nuove direttive della Comunità Europea (Reg. 852, 853 e 854 del 2004) riguardo l’autoconsumo, la cessione e/o commercializzazione delle carni di selvaggina, e la necessità di arrivare nel più breve tempo possibile a linee guida regionali in grado di regolamentare tali attività.